Quella con cui oggi inizio questo articolo è stata unanimemente definita, l’opera buffa per antonomasia.
Il “barbiere di Siviglia” infatti fu realizzata, in due atti da Gioachino Rossini ed andò in scena il 20 febbraio del 1816 al Teatro di Torre Argentina di Roma con il titolo “Almaviva, o sia L’inutile precauzione” successivamente mutato.
Il carattere di questa opera era ad un tempo allegro e scherzoso, poichè doveva rappresentarsi in occasione del carnevale. La trama sinteticamente è quella sovente inserita in questo genere musicale, due soggetti che si amano, impedimenti che si frappogono, sotterfugi che vengono scoperti ed un finale lieto.
Il Conte d’Almaviva è innamorato di Rosina, che abita nella casa del suo anziano tutore Don Bartolo, a sua volta segretamente intenzionato a sposarla. Il conte d’Almaviva chiede a Figaro, barbiere della città, di aiutarlo a conquistare il cuore della ragazza, alla quale ha dichiarato il suo amore dicendo d’esser Lindoro, un servo del Conte D’Almaviva.
Figaro consiglia al conte di assumere un’altra identità fingendosi un giovane ufficiale, e di presentarsi in casa di Don Bartolo.
Nel secondo atto, Don Bartolo comincia a nutrire sospetti circa la vera identità del giovane ufficiale.
Giunge un seducente maestro di musica di nome Don Alonso (in realtà è sempre il conte, questa volta nelle vesti di un maestro di musica), affermando di essere stato inviato da Don Basilio, rimasto a casa febbricitante, per sostituirlo nella lezione di canto a Rosina. Per guadagnare la fiducia del tutore, il finto Don Alonso gli mostra il biglietto che Rosina gli aveva mandato. Nel frattempo giunge Figaro con il compito di fare la barba al padrone di casa.
Sempre d’intorno in giro sta
Miglior cuccagna per un barbiere
Vita più nobile, no, non si dà
La-la-la-la, la-la-la-la-la-la, la-la-la-la-la-la, la-la-la-la-là
Donne, ragazzi, vecchi, fanciulle
Qua la parrucca, presto la barba
Qua la sanguigna, presto il biglietto
Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono
Qua la parrucca, presto la barba
Presto il biglietto, ehi
Figaro, Figaro, Figaro, Figaro, Figaro, Figaro, Figaro!
Ahimè, ahimè che furia, ahimè, che folla
Uno alla volta, per carità, per carità, per carità
Uno alla volta, uno alla volta, uno alla volta, per carità
“Che lavoro svolgevi prima di arruolarti?”
La domanda era identica per tutti i nuovi arrivati poichè, l’isola riusciva a sostenersi con proprie risorse solo a patto che ogni attitudine e specializzazione da parte dei residenti fosse opportunamente sfruttata e la mia risposta fu conseguentemente sincera, sicuramente ingenua:
“ho sempre fatto l’operaio e da ragazzo ho lavorato in una barberia come “garzone“ (mia madre d’estate mi mandava da un mio zio barbiere per non lasciarmi a girovagare)”.
Io, sicuramente confuso dal nuovo ambiente isolano, tento di rimangiarmi le parole, rispondendo:
“Non ho fatto il barbiere ma il garzone“.
L’obiezione non fu minimamente presa in considerazione poichè, cosi mi si disse, “Eh tu sei già stato consigliato dai vecchi marpioni dell’Asinara, di non accettare alcuna proposta di servizio fisso“.
Si può facilmente immaginare il mio stato d’animo, ero perso! Chiedo comunque spiegazioni al Brigadiere Capodiramazione che, senza mezzi termini mi risponde ….. che avrei dovuto fare il servizio di barbiere.
E per dare sostanza all’affermazione mi accompagna al centralino (il cuore dell’istituto 3) e mi fa consegnare le chiavi della barberia.La barberia è un locale apposito, attrezzato di tutto punto, al centro del paesello di “Cala d’Oliva” a fianco vi è l’infermeria gestita dal dott. Vindice Silvetti, un uomo canuto, con un fisico da marinaio, che abitava, con la famiglia, in una delle case di fronte alla Barberia, con una bellissima siepe rigogliosa di oleandri, alla sinistra del centralino e poco più sotto c’era lo spaccio agenti, praticamente ero al centro del paesello.
Il tempo passava e nella barberia arrivavano anche bambini e vari residenti, una cosa era però certa: che non ero capace e non lo sono mai diventato, ma visto che quello era il mio compito, cercavo di fare del mio meglio, tenendo conto che, all’epoca, non avevo ancora compiuto 20 anni.
Sarà stata la tensione e molto probabilmente la poca pratica, ma dopo qualche minuto di lavoro, il rasoio mi salta dietro al pettine e gli faccio sulla nuca un solco liscio come il palmo della mano!
Sbiancai, ma non dissi nulla e rendendomi conto del danno fatto, abbandono pettine e rasoio e gli inumidisco i capelli, poi armato di phon, inizio a spazzolarli inutilmente girandoli per mascherare il buco.
Usciamo dalla barberia e ci dirigiamo allo spaccio 4) per un caffè e per pagare il “buono” del taglio dei capelli, il locale era pieno di agenti, ci appoggiamo al banco e subito iniziano a giungere le prime risatine soffocate, tutti notavano il “buco senza capelli” ed in cuor loro gioivano, sicuramente vedevano in me, il loro vendicatore.
Molti anni sono passati ed io ho ricordato, in svariate occasioni, questo episodio della mia permanenza all’Asinara.
Ho anche avuto modo di parlare recentemente con l’ex Capodiramazione, che quando capita di incontrarci mi stringe forte la mano, e mi saluta sempre con un “ciao Barbiere” ed il sorriso di un amico.
Per correttezza e per dimostrare l’assoluta veridicità del fatto, riporto anche le parole scritte, dal Capodiramazione della Centrale, a Bastiano dopo aver letto il suo racconto.
Ciao Bastià, come stai?
È vero ci siamo incontrati un paio di anni fa in una festa di un nostro comune amico.
Alcune precisazioni al tuo bellissimo e veritiero racconto.
Ricordo che il Maresciallo mi chiamò informandomi dell’arrivo di una nuova guardia che asseriva di aver lavorato come barbiere.
Mi chiese ancora: “La lasciamo in centrale o ti serve Case Bianche?”
Risposi: “mettiamola alla prova.”
Se la memoria non mi tradisce io sono stato la tua prima cavia, ed è accaduto quanto da te raccontato.
Solo dopo un po’ di tempo ti ho mandato a Case Bianche e non per il taglio dei capelli, ma perché in quella diramazione mancava personale.
Non mi sono mai preoccupato dei capelli, e mai ho pensato di darti le colpa, anzi ho ammirato il tuo coraggio perché, come tu hai detto, eri un ragazzo che non aveva neanche 20 anni.
Comunque rimangono sempre dei bei ricordi e ricordo con affetto anche tutti i colleghi con i quali ho avuto modo di lavorare.
Saluti carissimi.
f.to Il Brigadiere
E stato belli ed emozionante rileggere il racconto di Bastiano ..in quegli anni ero allo spaccio e quando Domenico rientro dal corso navale nei giorni che svolgeva i suoi turni tagliava i capelli hai colleghi e residenti ..io gli facevo le ricevute ..allora la batteria era accordata allo spaccio… grazie a Bastiano e a te Carlo di Carlo riproposto
Grazie Leonardo.