GENERALITA’
Per chi non dovesse conoscerla diciamo subito che l’Asinara è un’isola, una bellissima isola.
Il suo territorio probabilmente deve aver ospitato, similmente alla vicina cittadina di Porto Torres, un primitivo insediamento protosardo o fenicio-punico. Ciò è possibile dedurlo dal fatto che “Herculis insula” era il nome già utilizzato dai naviganti e ricordato nel II secolo d.C. anche da Tolomeo.
La maggior parte degli storici concorda che il toponimo Asinara possa trarre origine dalla trasformazione successiva, durante i secoli, di svariate forme di toponimi similari, si dice ad esempio che Plinio la ricordasse come l’Insula Herculis, ma anche molto dopo, nel Medioevo, si sono trovate carte nautiche con riferimenti all’isola sempre differenti.
Nel 1275 la Carta nautica pisana la chiama Asenara, ma anche dopo verrà definita in modi differenti sino alla metà del 500:
Sinuaria,
Sinnara,
Axinara,
Azanara,
Linagra,
Sinarea,
Sinarca
Nel 1561 la Carta del Gastaldi, per prima la indica con il toponimo che resisterà sino ai nostri giorni Asinara.
Due sono le ipotesi più accreditate sull’origine dell’attuale nome dell’isola.
La prima farebbe risalire il nome Asinara dal termine romano ‘Sinuaria’, datole in analogia alla sinuosità della sua forma.
La seconda ipotesi punta invece sul fatto che il nome derivi dagli asinelli bianchi che, da sempre, hanno popolato l’isola.
Questa seconda ipotesi sembrerebbe supportata anche da alcuni documenti come il libro di Re Ruggero, scritto del geografo arabo Al-Idrisi nel 1154, su richiesta del re normanno di Sicilia Ruggero II, nel quale si legge che già gli arabi chiamavano l’isola ‘Gazîrat ‘umm ‘alhimâr’ che letteralmente significa “isola madre degli asini”.
PERIODI STORICI
Dal sito dell’Ente Parco dell’isola Asinara liberamente traiamo le seguenti informazioni sui periodi storici che l’isola ha attraversato:
Età neo-eneolitica
Per le età preistoriche, è segnalata l’esistenza di un complesso di Domus de janas nei lembi di panchina tirreniana nella zona di Piano Campu Perdu, area nella quale si svolsero le attività di una piccola comunità neolitica, attestate anche a Campo Faro, nei pressi de La Reale, a qualche centinaio di metri da Campu Perdu, da schegge di ossidiana e selce raccolte in superficie nel corso di ricognizioni non sistematiche.
Età del bronzo
Non si conoscono tracce di insediamenti in età nuragica: a parte la leggenda dell’esistenza, un tempo, di un nuraghe, non vi sono segnalazioni di capanne, che pure vi dovettero essere, se da un sito imprecisato dall’Asinara proviene un bronzetto raffigurante un bovide ora nel Museo Sanna di Sassari e ad ambito nuragico è stato attribuito un bracciale di bronzo rinvenuto nel 1980 dal dott. F. Guido della Soprintendenza Archeologica.
Età fenicio-punica
La frequentazione fenicia e punica dell’Asinara è stata ipotizzata recentemente, sulla base della denominazione Herculis insula, ”isola di Ercole”, tramandataci dalle fonti antiche. L’Asinara e la Nurra costiera dovevano essere comprese dalle rotte pre-coloniali di Greci e Fenici, come rivelerebbero i reperti più antichi del sito di Sant’Imbenia e l’appellativo Libisonis dato alla città di Turris. Mancano, tuttavia, ad oggi, rinvenimenti probanti.
Età romana
Giovan Francesco Fara, nella sua opera De Chorographia Sardiniae, redatta qualche anno prima del 1580, parla della presenza sull’isola di oppida et castella, distrutte già da tempo in seguito ad eventi bellici. L’uso da parte dell’Autore di una terminologia tecnica di pretto stampo romano ha indotto gli studiosi, che si sono cimentati a quell’opera, ad ipotizzare l’esistenza di fortificazioni e centri fortificati in età romana, o almeno ad agglomerati sorti intorno a fortificazioni romane.
Notizie dell’esistenza di resti attribuiti ad età romana sono fornite da G. Spano nel 1873, quando riferisce il rinvenimento di monete di Marco Aurelio (161-180 d.C.); dallo Spano dipende con certezza A. Cossu che nel 1926 amplifica le informazioni affermando che le monete sono state rinvenute presso “ruderi di case romane e di pubblici edifizi”.
I soli rinvenimenti noti attribuibili certamente ad età romana sono quelli dovuti all’attività archeologica subacquea: uno dei numerosi relitti localizzati nelle acque dell’Asinara (quello tra lo scoglio Businco ed il Capo Falcone) ha restituito sedici lingotti di piombo marchiati C. Utius C. Filius, personaggio noto come appaltatore delle miniere di piombo della Betica tra il 100 ed il 25 a. C. Si è ipotizzato, pertanto, che la rotta seguita dall’imbarcazione naufragata fosse Carthago Nova – Turris Libissonis – Ostia, ma provenienza dalla Betica è stata ipotizzata anche per il relitto localizzato presso Cala Reale – Lazzaretto, che recava un carico di anfore, lucerne, ceramica da cucina ed un considerevole numero di tessere da mosaico in pasta vitrea. L’analisi del carico ha consentito una datazione tra III e V secolo d. C.
Questi rinvenimenti ed altri che saranno effettuati in futuro dimostrano senz’ombra di dubbio che il traffico nelle acque dell’Asinara doveva essere intensissimo ed i naufragi frequenti.
Anche la toponomastica ci soccorre nella comprensione: il Capo Giorre infatti deve aver preso il nome da una antistante distesa di anfore giacente sui fondali in seguito ad un naufragio.
Età medioevale
La tradizione attribuisce ad un periodo medioevale non meglio precisata la costruzione del Castellazzo.
Certamente – invece – vi ebbe sede un Monastero di Sant’Andrea, dalla demolizione delle strutture del quale i pastori e gli agricoltori di età post-medioevale trassero materiali per le loro costruzioni.
Le vicende dell’Asinara seguono in questi secoli la decadenza di Porto Torres ridotta ai primi del XII secolo ad un minuscolo aggregato, oggetto della lotta per l’egemonia dei movimenti mercantili nel porto tra Genovesi e Pisani.
Furono proprio questi ultimi ad attribuirle il nome di Azenara , un nome che nella cartografia dei secoli successivi comparirà in infinite varianti Asenara, Asinar, Axinnara, Sinara.
Dal secolo XII al secolo XVIII
L’interesse di Sassari per lo scalo di Torres – e quindi per l’intera area portuale che comprendeva l’Asinara e il Golfo omonimo – unico sbocco a mare della città, è ben documentato e testimoniato dai diritti di ademprivio ( herbar y leñar ) che Sassari si assicura fin dal XIV secolo. Fu in virtù di quei diritti che alcuni pastori sassaresi vi si trasferirono, in un movimento contemporaneo a quello che interessò la pianura semideserta della Nurra, posta sotto la giurisdizione feudale di Sassari. Nella prima età moderna tutta la costa è sotto la continua minaccia delle scorrerie dei barbareschi che minacciano la fiorente pesca del corallo e la navigazione nello stretto. Per farvi fronte vengono costruite, nel XVII secolo, le torri di Cala d’Arena, Cala d’Oliva, Trabuccato che andarono ad aggiungersi all’antico fortilizio di Castellazzo.
Età moderna
Nell’età moderna il processo insediativo all’Asinara ha seguito il ritmo delle vicende del resto dell’isola scandite da carestia, pestilenze, calamità, insicurezza delle coste.
Col tempo, ai guardiani delle torri e ai pastori già insediati nell’isola, si unirono pescatori di aragoste e corallari liguri provenienti da Camogli giunti nel Golfo dell’Asinara dove era presente anche una tonnara.
Progressivamente essi resero definitiva la loro frequentazione stagionale dell’isola e si insediarono stabilmente a Cala d’Oliva.
Lontana da ogni forma di potere istituzionale e di controllo amministrativo, religioso, fiscale e politico-istituzionale, abitata da pastori ribelli ad ogni imposizione, rifugio di corsari e di contrabbandieri, l’isola con in più un alone di mistero che si sarebbe impresso nell’immaginario collettivo – rappresentava una costante preoccupazione per le élites politico-amministrative piemontesi per le quali era una delle aree “vuote” da ripopolare.
Fallirono però tutti i progetti e i tentativi di quegli anni, * che avevano comportato l’allontanamento degli abitanti dell’isola. E gli elementi forestieri franco-genovesi-piemontesi che avrebbero dovuto ripopolare l’Asinara abbandonarono il luogo.
*( Tentativo dei fratelli Velixandre negli anni settanta del 1700 e successivamente di don A. Manca , Marchese di Mores al quale l’Asinara fu ceduta per 70.000 lire piemontesi, nel 1775, insieme all’isola Piana)
Il processo insediativo (Cala d’Oliva, Cala Reale, Fornelli) conobbe una certa accelerazione tra fine Settecento e primo Ottocento, con l’allontanarsi della minaccia barbaresca.
Ma ad “organizzare” il territorio dell’Asinara – nei decenni in cui nel resto dell’isola si costruivano le infrastrutture civili e i servizi della vita collettiva – furono interventi del potere locale e statale che le attribuirono da una parte la vocazione di luogo di quarantena, dall’altra quella di luogo di pena.
Per quanto riguarda l’aspetto sanitario fu l’arrivo del colera in Europa, negli anni Trenta dell’Ottocento, a consigliare alla Municipalità sassarese la realizzazione di un lazzaretto, la cui assenza comportava per i mercanti sassaresi dispendio di tempo e di denaro, data la necessità per le navi che trasportavano le merci dallo scalo di Porto Torres di ricorrere a quello di Cagliari.
Il dibattito al Consiglio comunale di Sassari – che prese in considerazione anche l’Isola Piana e il molo di ponente di Porto Torres – si trascinò per alcuni decenni, fino a quando, nel 1885, lo Stato non decise di istituirvi “il primo lazzaretto del Regno” e una colonia penale agricola che avrebbe aperto la strada alla “specializzazione” delle tipologie e delle infrastrutture, compiutasi un secolo dopo circa col supercarcere di Fornelli. L’isola aveva allora alcune centinaia di abitanti distribuiti su una superficie di 5192 ettari; il patrimonio animale era di 4000 capi (buoi, cavalli, asini, pecore, suini, quasi tutti allevati allo stato brado).
L’allontanamento dall’isola delle famiglie che vi abitavano ed il contemporaneo arrivo di funzionari, dirigenti, condannati e operai addetti alle varie costruzioni, fu accompagnato dal diffondersi della malaria soprattutto nella parte meridionale dell’isola (S. Andrea, Castellaccio, Fornelli, Punta Lunga, Stagno di Santa Maria), più vicina alla terraferma e costellata di stagni e raccolte d’acqua: era ora la malaria, la malattia più legata all’ambiente, patologia tipica del Mediterraneo, a legare l’Asinara alla Sardegna nord-occidentale, infestata da sempre dalla malattia, proprio mentre la vicenda storica conosceva un fondamentale punto di svolta.
Dopo l’esproprio del 1885 e la costituzione della colonia penale da una parte e della stazione di quarantena dall’altra la storia diventa quella conosciuta dei nostri giorni.
Per completezza informativa anche sui tempi recenti si ritiene utile riportare alcune notazioni sullo Stato di Diritto vigente sull’Isola a datare dall’esproprio per pubblica utilità decretato con Legge n° 3183 del 28 giugno 1885 da Re Umberto I° per arrivare sino ai giorni nostri.
Con Legge n° 3183 del 28 giugno 1885 l’isola fu territorialmente ripartita in due giurisdizioni delimitate da appositi confini (muri a secco, filo spinato e, lungo la viabilità pilastri ancora in gran parte visibili.) Al Ministero della Marina competevano due differenti aree: la zona de La Reale (da Campu Perdu a Trabuccato compresi) destinata alla creazione della Staziona Sanitaria di Quarantena e l’area di Punta Scorno nella quale già esisteva sin dal 1854 il faro la cui costruzione era stata auspicata dal Lamarmora, al Ministero dell’Interno (da cui all’epoca dipendevano direttamente le strutture di pena) competeva tutta la restante parte del territorio da utilizzare come Colonia Penale Agricola.
Nei primi anni del 1900 la Casa di Lavoro fu autorizzata ad occupare anche i tre Periodi della Staziona Sanitaria Marittima.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale (1915) la Casa di Lavoro all’aperto venne ridotta alla sola parte settentrionale dell’isola, a nord di Trabuccato. La parte Sud, Trabuccato compreso, venne trasferita all’ Amministrazione Militare per destinare tali aree a concentramento di prigionieri di guerra indipendentemente dal fatto che fossero o meno da assoggettare a quarantena.
Dopo la fine della guerra le giurisdizioni demaniali dell’Isola furono ridistribuite nel modo seguente:
Ministero della Marina (e successivamente Ministero Difesa – Marina): casa dei fanalisti in località La Reale; zona di Punta Scorno comprendente il territorio del faro e del semaforo;
Ministero della Sanità: zona de La Reale corrispondente al territorio occupato dagli immobili della Stazione sanitaria Marittima delimitato al tratto tra tanca di Cala Tonda e Trabuccato, questi esclusi.
Ministero di Grazia e Giustizia: tutto il restante territorio dell’isola utilizzato dalla colonia penale.
La Stazione sanitaria smise di funzionare dal 1938.
Dopo la seconda guerra mondiale l’amministrazione carceraria prese l’intero controllo dell’isola ad eccezione della zona di Punta Scorno.
Nel giugno 1992 si firmò l’intesa Stato-Regione per l’istituzione del Parco Nazionale ma con alterne vicende si dovette aspettare la Legge 344 del 1997 per sancirne realmente l’istituzione con l’emanazione del decreto di perimetrazione provvisoria e delle prime norme di salvaguardia.
La situazione attuale e la giurisdizione sulle varie aree vigente dal 2000 è la seguente:
– l’intero territorio dell’Asinara comprendente terreni ed immobili viene trasferito dal Demanio dello Stato al Demanio Regionale;
– per usi governativi vengono stralciate alcune aree e/o singoli isolati in particolare:
– in località La Reale e I° Periodo hanno aree di competenza (compensive degli edifici sopra esistenti) il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa, il Ministero delle Finanze ed il Ministero della Giustizia.
– In località Punta Scorno la competenza dei soli immobili è del Ministero della Difesa.