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Era molto tempo che mi ero prefisso di visitare a scopo di caccia questa terra promessa ma avvenimenti di vario genere non ultime le tre parentesi albanesi me l’avevano sempre impedito.
I racconti però che da amici e colleghi che annualmente visitavano la Sardegna mi venivano fatti sulle varie specie di selvaggina di cui è ricca l’isola e specialmente della simpatica e caratteristiche pernice sarda della quale mi ero fino ad allora contentato di vedere qualche esemplare appeso ai banchi dei pollivendoli quando ancora non era vietata l’esportazione e la vendita, avevano enormemente citato il mio desiderio di cacciatore appassionato ed individuo innamorato di ogni novità che vivesse ai margini della caccia.
Da ultimo i magnifici carnieri che Francesco Haass, col fratello Guglielmo con Federico Santovetti e con Giuseppe Cartoni faceva ogni anno alla caccia delle pernici all’isola dell’Asinara costituita in “bandita di caccia”, ma dove ogni anno si concedeva qualche permesso di cacciare nell’interesse delle coltivazioni della colonia del locale penitenziario, aveva acuito in me il desiderio di visitare l’isola.
A questo mio desiderio, debbo riconoscerlo, venne incontro l’amico Francesco Haass. il quale, avendo modo di procurarsi qualche permesso di caccia all’Asinara, nell’ottobre 1935 volle pensare anche a me. A capo del che io glie ne sarò sempre grato.
Il viaggio per la Sardegna, salvo qualche disturbo a causa del mare, è cosa semplicissima e accessibile a chiunque; ma, una volta giunti in Sardegna, e qui che “comincian le dolenti note”!
Giungemmo io e Francesco, quell’anno fummo noi due soli i privilegiati, a Terranova Pausania il mattino all’alba del 19 ottobre 1935.
Qui cominciò il primo fastidiosissimo traffico dello scarico dei bagagli, dei fucili, delle cartucce e dei quattro o cinque cani, scarico …
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complicatissimo per la grande confusione a causa dell’enorme quantità di viaggiatori e per lo scarsissimo personale adibito a questo servizio; seguiva la frettolosa ricerca dei posti nel treno che colà ci attendeva pronto per partire per Cagliari e per Sassari nel quale si doveva ricaricare tutto il nostro bagaglio materiale e animali.
Quindi corsa per i posti in treno, corsa per fare i biglietti per noi, per i cani, per il bagaglio in differenti sportelli, il tutto nel breve tempo in cui il treno sostava a Terranova ed in mezzo a un viavai di persone, di bagagli, di cani e di quant’altro può comportare l’arrivo di un piroscafo con la quasi contemporanea partenza di un treno.
Partito finalmente affollatissimo il treno, che si chiama diretto, ma che viceversa ferma in ogni stazione ed è una marcia lentissima e snervante, si giunge finalmente a Sassari dopo circa 100 km di percorso, per il quale si impiegano più di tre ore.
Alla stazione di Sassari, dove esiste un solo facchino, si ricomincia lo scarico dei bagagli dei cani e si sale su di un trenino che in circa mezz’ora porta a Porto Torres.
Qui nuovo scarico e carico …
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… di tutto il bagaglio in un carrettino a mano per andare al piccolo porto marittimo per l’imbarco per l’isola dell’Asinara.
Questa piccola isola, ove, per l’esistenza del penitenziario, vive un uomo numerosa colonia di detenuti, di guardie carcerarie, e di carabinieri, e di personale civile dedito all’amministrazione del Penitenziario stesso, aveva comunicazione con la Sardegna mediante un piccolo rimorchiatore che faceva un viaggio al giorno sempre che lo stato del mare lo consentisse, perché in certe giornate con il mare grosso di levante neppure poteva partire.
Questo assai primitivo rimorchiatore affidato alle esperte mani del buon Francesconi, un anno si guastò e, divenuto inutilizzabile fu sostituito da una assai più primitiva barca motore, un vero guscio di noce ed in assai cattive condizioni, dove un anno anche noi dovremmo salire con un mare non troppo tranquillante e dopo avere sostato una nottata in un lurido albergo di Porto Torres in attesa che il mare si rabbonisse.
Ricorderò sempre quella fortunosa traversata durante la quale i nostri cani, che si trovavano vicino a noi a prua, erano costretti, seguendo il movimento delle onde, a scivolare impauritissimi, sulla copertura del ponte da dove sarebbero certamente caduti a mare se non fossero stati da noi convenientemente assicurati con le catene ad un albero di prua.
Ma tornando al nostro primo viaggio, dirò che dopo fatta l’ultima fatica di scarico e carico del nostro bagaglio sul rimorchiatore, potremmo finalmente, non senza lunga attesa, partire verso le 10 da Porto Torres con un tempo che minacciava pioggia.
Godemmo tuttavia di un’ottima traversata durante la quale, man mano che ci avvicinavamo all’isola e che poteva aversi sempre più netta la visione panoramica di essa, l’amico Francesco mi indicava illustrandomele, tutte le località ove aveva fatto le sue passati ricchissime cacciate e che avremmo dovuto certamente battere anche noi.
Dopo circa due ore verso cioè le 12, giungemmo a Cala d’Oliva, luogo di sbarco e di nostra dimora.
Unico episodio emozionante della bella interessante traversata fu la strenua lotta sostenuta in mezzo al mare da un merlo contro un gruppo di gabbiani; non avevo mai visto uno spettacolo del genere, non sapevo che i gabbiani avessero un istinto così aggressivo contro gli altri uccelli!
Questo povero merlo, cimentandosi da Porto Torres ad attraversare a bassissima quota il mare, diretto non so per quali altri lidi, ma evidentemente in viaggio di migrazione, fu assalito …
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… e tormentato per lungo tratto dai numerosi gabbiani che seguivano la scia del rimorchiatore e costretto a difendersi dall’ostinato loro assalto con repentini e veloci scarti. In breve fu da noi perduto di vista, ma francamente non saprei dire quale sia stata la sua fine!
A Cala d’Oliva l’accoglienza fu cordiale ed ospitale da parte del personale addetto all’amministrazione del Penitenziario e specialmente da parte del direttore Cav. Carretta,[1] uomo severo ed autoritario, vero tipo di funzionario nel pieno esercizio delle sue funzioni, che cortesemente ci introitò nella semplice, comoda e accogliente palazzina, adibita foresteria, ed ove era il nostro alloggio. Nel resto della piccolissima borgata, ovunque si volgeva lo sguardo, non si vedevano che guardie carcerarie e detenuti, molti più i secondi che non le prime, tutti nella loro caratteristica uniforme a righe da galeotti e adibiti ai vari servizi della colonia, la quale a cala d’oliva non era costituita che dalla palazzina che ci ospitava, da quella dell’amministrazione con l’abitazione del Direttore ed altre piccole casette per l’abitazione del personale civile e delle …
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…guardie, da una chiesuola ed alcuni altri piccoli edifici adibiti a pubblici esercizi.
Il primo nostro pensiero naturalmente fu quello di mangiare un boccone in fretta e di andare a caccia per la mezza giornata utile che ancora restava. Disponemmo in questo senso e dopo poco tempo eravamo a bordo del camioncino che doveva condurci nella località di Caccia prescelta da Celestino Furia, un sardo al 100%, guardia carceraria del luogo, messo a nostra disposizione dalla direzione, appassionato, bravo e praticissimo cacciatore, assai affezionato agli agli Haass e che si rivelò anche in seguito a noi devotissimo. Furia, dato il breve tempo disponibile, ci condusse nei pressi di “Eligmanu” [2] località situata nella parte settentrionale dell’isola, quella cioè che guarda la Corsica, zona assai accidentata, come del resto quasi tutte le altre dell’isola, costituita da terreno piuttosto sassoso e ricoperto in taluni punti da più o meno folta vegetazione. Ma purtroppo il tempo che già minacciava Porto Torres, non volle in quel pomeriggio risparmiarci la sua ira ed in breve ci deliziò di vento e di acqua che misero a dura prova la nostra resistenza e quella dei nostri cani. E quindi il tempo utile per cacciare, che già era assai …
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… limitato, si ridusse ad un paio di ore durante le quali potremmo uccidere 36 pernici ed un lepre.
E così feci finalmente la conoscenza con la bella e interessante pernice sarda, con i suoi classici frulli dalle impervie balze rocciose nonché dei folti macchioni di cisto e di lentischio e con le sue lunghe e tenaci pedinate.
Vedo ancora la mia brava “Lilla” puntare e seguire a testa alta per un buon tratto un branco di pernici in mezzo a certi scogli e poi irrigidirsi in ferma sempre a testa alta fino a che le pernici dopo che ebbi lanciato un sasso non frullarono e non ebbero le mie schioppettate!
Potei così formarmi anche un’idea dell’abbondanza della selvaggina in Sardegna e della splendida panoramicità dei luoghi che, cacciando, frequentavamo.
Ed anche questo costituisce un lato bello ed attraente della caccia all’Asinara perché se da un lato l’animo resta un po’ sconcertato e commosso alla vista e al contatto continuo di tanta umanità disgraziata, dall’altro la natura non lesina spettacoli e visioni sempre nuove ed interessanti. Vi sono dei punti dell’isola, e tra questi sono le località “Eligmanu” e “Stretti” dove si gode lo spettacolo dei due mari, quello….
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… che guarda verso oriente e cioè verso la nostra penisola, e quello che guarda verso occidente e cioè verso la Spagna, spettacolo che riesce interessante tanto nelle giornate di tempo sereno e di mare calmo nelle quali dall’alto delle rocciose montagne è dato di godere e di ammirare dei forti strapiombi sul mare il colore ed il fondo azzurro di questo e dei suoi chiaroscuri nelle sue molteplici e multicolori insenature, quanto nelle giornate burrascose di tempesta nelle quali lo spettacolo riesce ancor più cupo ma assai più maestoso.
Ricordo che una giornata il mare era assai tempestoso nella località “Stretti”, che effettivamente è il punto più stretto dell’isola, larghi fiocchi di bianchissima spuma delle agitate onde giungevano dalla sponda occidentale dalla quale proveniva il forte vento, fino a quella orientale, dando quasi l’impressione che il mare in quel punto si fosse riunito!
Fu appunto in questa località che il giorno successivo del nostro arrivo, il 20 ottobre 1935, uccidemmo 75 pernici e due lepri, numero che fu però superato il giorno 22 in cui, battendo la località “Tumbarino” furono uccise 85 pernici e un lepre, conseguendosi con questo il maggior carniere di tutti e quattro gli anni, in quanto le …
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altre 84 pernici e un lepre, pure uccise nella località “Tumbarino” il 18 ottobre del successivo anno 1936, lo furono con l’intervento anche di Guglielmo Haass, che quell’anno ed il successivo si unì con noi.
E nonostante che l’amico Guglielmo si ostini a sparare anche alle pernici con il suo fucile calibro 24, tuttavia egli fa poco sentire ai compagni di caccia questa sua indiscutibile condizione di inferiorità perché anche con il 24 ci coglie e ci coglie bene! Ma chi è veramente superiore è l’amico Francesco il quale, per quanto si trovi avvantaggiato con il suo cinque colpi, tuttavia a questa fretta caccia fatica molto e spara anche meglio, io ne sono testimone, perché gli ho visto più volte a piede fermo fare il doppio doppietta.
Coadiuvato ottimamente dai suoi bravissimi cani “Scilla” e “Chip” animato sempre dal sacro fuoco della passione ed egregiamente assistito dalle sue gambe, e assai difficile che la pernice, che egli in comincia a perseguitare il mattino di buonora sulla strada sparando dalla vettura a qualcuna di quelle che stanno razzolando sulla strada stessa o nei pressi di casa, sfugga al suo preciso tiro.
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Una caccia che merita menzione è quella di “Fornelli” località situata all’estremità sud dell’isola e dove la pernice si caccia nelle vicinanze del mare e su terreno pianeggiante e prativo, leggermente cespuglioso, come se si cacciasse alle quaglie in primavera!
Questa località è assai ricca anche di Lepri ed un giorno il 24 ottobre 1935 ci rese 48 pernici e 11 lepri. Il 4 ottobre 1937 vi uccidemmo 44 pernici e 11 lepri ed, il 28 settembre 1938, 39 pernici e ben 23 lepri!
Era assai difficile che la lepre sfuggisse al nostro accompagnatore Celestino Furia, che insieme con il suo fido e vecchio cane spinone chiamato “Perché” aveva una spiccata passione per la caccia del piccolo orecchiuto rosicchiante! Ed infatti una volta individuatolo e avvertitolo ai compagni: “La lepre la lepre!” il buon Furia saltava come un camoscio di pietra in pietra per meglio scoprire il terreno e per meglio poter sparare tra cespuglio e cespuglio la sua fucilata, che difficilmente falliva! Ed allora era veramente soddisfatto e trionfante!
Egli alla lepre assolutamente non perdonava, mentre si alzava un volo di pernici, si …
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… affrettava a chiamarci perché ci recassimo abbatterle. Ma guai a quella lepre che passava sui suoi passi!
Ma anche all’Asinara secondo quanto assicurava Francesco Haass, che l’aveva frequentata negli anni antecedenti al 1935, stava subendo una notevole profonda trasformazione con conseguente diminuzione di animali.
Egli infatti assicurava che prima del 1935, le pernici erano assai di più mentre i detenuti e la colonia erano costituiti da poche centinaia di persone. Tale diminuzione è venuta poi accentuandosi negli anni successivi al 1935 tanto che la media giornaliera, che in quell’anno era stata di 55 pernici, scese nel 1938 a 30 pernici pur essendo i fucili gli stessi nel numero e nelle persone.
Una delle cause principali di questa forte diminuzione ritengo sia certamente il più che decuplicato numero di detenuti che ha ospitato l’isola negli ultimi anni, il quale ha fatto sì che fossero non solo aumentati i mezzi insidiosi di aucupio[3] della pernice ma che fossero aumentati altresì distrutti, specialmente nel periodo degli allevamenti, i migliori suoi rifugi per le nidificazioni mediante gli intensificati disboscamenti delle varie zone per incrementare le lavorazioni e le coltivazioni agricole nell’interesse dell’aumentata colonia. Ed ora non so, dopo gli …
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… avvenimenti dell’attuale guerra, che certamente hanno aumentato le distruzioni, a che cosa si sia ridotta la caccia nell’isola.
Comunque in tutti e quattro gli anni in cui ho avuto la fortuna di frequentarla, sia pure per pochi giorni, ho avuto modo di apprezzare tutto l’interesse che desta dal lato puramente sportivo la caccia a questo simpatico e saporitissimo animale perché, debbo riconoscerlo, anche come vivanda la pernice sarda è veramente squisita e superiore alla nostra coturnice.
Noi ne abbiamo fatto in ciascuna epoca una vera cura, cucinata in tutti modi a pranzo, cena, e a colazione! Era proprio il caso di dire con i francesi: Toujours perdrix[4]!
Interessantissimo poi riesce il lavoro dei cani che, una volta avvertite le emanazionI della pernice, debbono seguire cautamente e con circospezione le sue lunghe pedinate senza minmamente incalzarle perché diversamente si corre il rischio di non sparare specialmente se gli animali sono molti e in gruppo I quali, sotto una incalzante pressione del cane, si affrettano a raggiungere di piedi i loro rifugi più o meno accessibili o a volare lontani dal cacciatore.
Le mie brave cagne Lilla ed Diva, già provate ed esperte nella …
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caccia di montagna nel continente, si trovavano completamente ambientate ed a posto in questa caccia nella quale perciò mi hanno procurato soddisfazioni ed emozioni grandissime. Un anno anzi volli portare anche un terzo cane di aiuto non tanto per il lavoro materiale al quale, alternando un giorno di caccia con uno di riposo, le mie cagne erano allenatissime, quanto per fronteggiare il grave inconveniente delle cosiddette “spedature”, frequentissime sulla pietra granitica della Sardegna, che sulle zampe dei cani funziona la guisa di raspa!
*
I ricordi che sono legati alla mia permanenza in Sardegna sono molti e assai lieti anche per l’ottima ed allegra compagnia degli amici e Guglielmo e Francesco Haass, con i quali ho diviso giornate veramente deliziose sotto ogni riguardo. La caccia infatti per quanto assorbisse gran parte della nostra attività (e in ciò era un po’ discorde l’amico Guglielmo che avrebbe preferito che questa attività fosse meno intensa per poterci dare il mattino qualche ora di più in braccio a Morfeo o per fare qualche buon bagno di mare nelle giornate più adatte) offriva tuttavia delle parentesi, all’ora di colazione in campagna o alla sera a casa, durante le quali regnava la più schietta e la più serena allegria.
Narrare le gustosissime scenette e gli episodi di vario genere verificatosi in questa o in quella giornata mi porterebbe a rendere questi miei ricordi più prolissi di quanto non avrei immaginato.
M’astengo poi dal descrivere tutti I vari tipi di detenuti con i quali avevamo occasione giornaliera di avere il contatto perché a cominciare dal cameriere e dal cuoco del nostro ospitale alloggio, a finire all’autista del camion e ai portatori di cartucce e di selvaggina che ci seguivano a caccia, erano tutti detenuti chi per omicidio, chi per furto e chi perfino per parricidio! Tutti i giovani però che nel Penitenziario tenevano ottima condotta e che appunto per questo loro provato contegno erano adibiti a servizi di questo genere, ma tutti indistintamente disgraziati individui caduti, chi per una ragione chi per l’altra, nel baratro del più triste disordine morale!
Altre località dell’isola che ricordano pure belle ed interessanti cacciate alle pernici sono quelle di “Campo Perdu” di “Bruno”, di “Trabuccato”, di “Cala Reale” della “Zonca” e di “Casa Bianca”.
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In tutte queste località vivono ricordi cari e indelebili di caccia ed in ognuna è scolpita la visione di vedute di panorami incantevoli e sempre nuovi, caratterizzati tutti dalle numerose e svariate insenature, ove il mare prende il classico colore verde azzurro attraverso le sue acque cristalline trasparenti che, in certe giornate di calma e di sereno, rispecchiano fino ad un una notevole profondità i riflessi del suo fondo arenoso o scoglioso.
Giornate di caccia sempre ricche anche quelle meno fortunate perché, nella magia peggiore delle ipotesi, la quarantina di pernici è sempre assicurata anche quando il braccio o il cosiddetto “manico” non rispondeva pienamente, come è successo un giorno a me all’intenzione e alla volontà del cacciatore.
E non ho vergogna di confessare che quella volta io mi trovavo in una brutta giornata sulle cui cause non ho saputo allora ne saprei ora a trovare ragione alcuna. Ricordo che cacciavamo io e Francesco nella zona di “Eligmanu” dove più di una volta abbiamo ucciso le 70 o le 75 pernici. Quel giorno invece le pernici erano ostinatamente dure a morire tanto che i miei nervi, contrariamente al solito, avevano finito per tendersi molto. Francesco, che si trovava molto …
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… distante da me, era invece “in palla” perfetta con i suoi colpi e finiva per rimediare in fondo ad un pallone le pernici che io gli mandavo, dopo di averli salutati con una o due schioppettate, dall’alto di un ciglione.
Mentre io mi dibattevo con la mia avversa sorte e forse stavo tra una padella e l’altra tra me e me taroccando, intesi una voce, che era quella del buon Furia, il quale stava seduto su di una pietra, da me non visto, ma che aveva assistito al mio scempio, il quale con tutta calma mi disse: “stia attento, signor Commendatore, che sotto a lei ci sono altre pernici!”. Questa innocente e onesta avvertenza, fattami da un testimone oculare delle mie padelle, finì per eccitare di più i miei nervi già assai tesi; ed infatti, frullate altre due pernici, finì per mandare anche queste a tenere compagnia alle altre in fondo al vallone dove era Francesco il quale, trovandosi, come ho già detto, in una delle sue migliori giornate, fece quel giorno la parte migliore del carniere, mentre io avrei potuto a portarvi un contributo maggiore uccidendo otto o nove pernici di più delle diciassette che riportai!
Ed il buon Furia, che notò il mio disappunto, ne rise di cuore e …
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… la sera, tornando a casa e commentando insieme l’accaduto, ne ridemmo di cuore tutti e quattro.
Ma chi non ha peccato scagli la prima pietra! Ed io credo che non ci sia cacciatore, anche provetto, al quale non sia capitato e non capiti di passare la sua più o meno in felice giornata nei riguardi della sicurezza e della precisione del tiro. L’interessante è che l’eccezione non diventi regola!
Riassumendo i risultati delle nostre cacciati all’Asinara nei quattro anni dal 1935 al 1938 in cui io sono stato con gli Haass, dirò che il totale complessivo segna l’uccisione di 1.297 pernici e di 89 lepri in 24 cacciate, delle quali la metà fatte in due fucili e l’altra metà in tre, sempre però con l’ausilio di Celestino Furia il quale, che per quanto dedito in particolar modo a saldare i suoi conti con la lepre, dava pure un contributo, sia pure in misura più modesta, alla caccia delle pernici.
E si pensi che il primo anno, il 1935 ne furono uccise in sette cacciate tra me, Francesco e Furia 388 e 22 lepri, salta agli occhi la diminuzione verificatasi negli anni successivi nei quali tra me, Francesco, Guglielmo e Furia furono uccisi nel 1936, 334 pernici e 11 lepri in sei cacciate, e nel 1937, 394 pernici e 21 lepri sempre …
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In sei cacciate, per poi ridursi l’ultimo anno, il 1938, tra me, Francesco e furia a 181 pernici e 35 lepri in cinque cacciate!
Ed il mio taccuino registra che delle 1297 pernici io ne ho sulla coscienza 430 e che degli 89 lepri ne ho soltanto 13!
L’unico grande rammarico delle spedizioni in Sardegna era quello della loro breve durata perché il tempo limitato, oltreché costringerci allo sforzo di dover cacciare tutti i giorni con grave logoramento nostro e dei nostri cani, ci faceva sopraggiungere il giorno della partenza proprio quando avremmo gustato restare qualche giorno di più. E allora si sarebbe potuta passare, come auspicava l’amico Guglielmo, qualche giornata di riposo dedicata alla pesca ad un bel bagno in mare ed anche ad una bella cavalcata per il magnifico versante settentrionale e meridionale dell’isola! Tuttavia qualche ora è stata talvolta dedicata anche alla pesca!
E l’ora della partenza sopraggiungeva triste e monotona perché ci si sobbarcava, stanchi ed avviliti, alle noie e ai disagi di uno straziante viaggio di ritorno con il solito carico e scarico dei numerosi bagagli e cani, ai quali si aggiungevano i consueti e tradizionali mazzi di pernici per le nostre famiglie, noie e disagi maggiormente avvertiti perché non alleviati dall’idea delle promettenti future cacciate. Vuol dire che ogni anno era un appuntamento per l’anno successivo al quale purtroppo nell’anno 1939 e seguenti abbiamo dovuto mancare per la gravità della situazione determinatesi nel mondo in guerra!
Fine della selezione.
Si ringraziano per la gentile concessione del testo e delle immagini dell’archivio di famiglia, le sorelle Graziella e Fiorenza Furìa
25 gennaio2021
[1] Direttore della Casa di Lavoro all’Aperto Donato Carretta
[2] Elighe Mannu
[3] L’aucupio è una tecnica di caccia agli uccelli di piccole dimensioni mediante l’uso di trappole di varia natura.
[4] Toujours perdrix trad. Per sempre pernice!
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